Speciale Sanità - Un italiano su due si paga le cure di tasca propria(21/03/2018) Occorre un’inversione di tendenza per ridurre la distanza tra le regioni meridionali e quelle del centro-nord e del resto d’Europa, dove la spesa sanitaria pubblica cresce rispetto a quanto avviene in Italia
Da Roma l’Aprom lancia il grido d’allarme per scongiurare il collasso della sanità pubblica italiana. Un settore strategico che sta mostrando crepe preoccupanti con conseguenze potenzialmente molto pericolose soprattutto per le popolazioni del mezzogiorno. Proprio per questo motivo Aprom, associazione nata con lo scopo di promuovere lo sviluppo del mezzogiorno.
L'obiettivo principale del convegno è stato quello di favorire un confronto aperto tra i portatori di interesse per indurre il superamento di atteggiamenti opportunistici e spesso miopi per raggiungere una convergenza su modalità e tempi per garantirne la sopravvivenza del sistema sanitario, ma anche per renderlo capace di rispondere in modo adeguato ai bisogni dei cittadini. Si stima che nel 2016 oltre un italiano su 2 abbia dovuto affrontare spese sanitarie in maniera autonoma per l'acquisto di servizi e prestazioni mediche, per una spesa complessiva di 39,5 miliardi. Di questi, solo 5 miliardi (poco meno del 13%), sono stati "intermediati" da forme sanitarie integrative.
La crescente cronicizzazione delle malattie e l'incremento del tasso di dipendenza impongono di identificare modelli organizzativi e di servizio per rispondere con efficacia ai ‘nuovi’ bisogni di cura”. In un servizio sanitario nazionale sempre più a rischio ‘collasso’, sia in termini di sostenibilità che di uguaglianza, gli occhi sono puntati sul Mezzogiorno di Italia. “Oggi c'è un attacco diretto alla persona - ha detto Pasquale dell'Aversana, presidente pro tempore dell'Aprom”. La sanità del sud è ridotta al macero. Quando il 12% della popolazione, soprattutto al Sud, non è in grado di curarsi, non è più tutelata dallo stato, vuol dire che è iniziata un'operazione molto grave, che lo Stato sta abbandonando le persone. E i più deboli sono quelli che soccombono prima”.
“A fronte di dati positivi sulla longevità e anche sullo stato di buona salute rispetto ad altri partner europei - ha spiegato Giorgio Alleva presidente Istat - ci sono differenze che riguardano i territori e le condizioni di salute ma anche di accesso ai servizi legate principalmente alle condizioni economiche delle famiglie. Tutto questo presuppone una capacità di implementazione delle misure per ridurre il gap tra i gruppi sociali con diverso reddito. Insomma, bisogna concentrare l’azione del welfare non solo garantendo trasferimenti, ma soprattutto garantendo servizi con particolare riferimento alle famiglie numerose, agli anziani, ai più piccoli”.

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