(18/06/2024)
Chi non si è mai commosso leggendo I dolori del giovane Werther, il romanzo epistolare incentrato sui tormenti e le sofferenze amorose del ragazzo borghese per la bella Charlotte, già promessa sposa ad un altro uomo?
L’opera - che Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) pubblicò nel 1774 a soli 24 anni, riscosse fin da subito un grande successo in tutta Europa e diventò un caso letterario e culturale, tanto da inaugurare la moda del ‘wertherismo’, ovvero l’atteggiamento tormentato e inquieto dell’artista romantico, ‘mosso dalle passioni del cuore anziché dai ragionamenti dell’intelletto’.
Strettamente collegato al movimento tedesco dello ‘Sturm und Drang’ (Tempesta e impeto), il romanzo divenne un punto di riferimento per tutto il movimento romantico, fissandone alcuni concetti-chiave di poetica: il sentimentalismo, l’individualismo dell’eroe che combatte con forza contro le convenzioni della società, il rilievo alle passioni di cui l’amore rappresenta la massima espressione (tra gli influssi letterari più significativi, si ricordano le ‘Ultime lettere di Jacopo Ortis’ di Ugo Foscolo).
Diversi autori (Gaetano Pugnani nel 1790, Rodolphe Kreutzer nel 1792 e Vincenzo Pucitta nel 1802) hanno musicato il romanzo ma nessuna opera è stata coronata dal successo, fino all’arrivo di Jules Massenet (1842-1912), al tempo uno degli operisti francesi più rappresentati in patria e all’estero.
Nel 1885 Massenet iniziò a lavorare sui versi di Édouard Blau e Paul Millet e la sceneggiatura di Georges Hartmann. Dopo due anni, l’opera venne proposta ad uno degli impresari più affermati di Parigi, Léhon Carvalho (direttore del Théâtre national de l’Opéra-Comique) che la rifiutò.
La prima mondiale di ‘Werther’ (dramma lirico in quattro atti) ebbe luogo, pertanto, soltanto diversi anni dopo, alla Wiener Staatsoper, nella versione in tedesco: era il 16 febbraio 1892.
La prima rappresentazione della versione in francese si tenne il 27 dicembre dello stesso anno al Grand Théâtre di Ginevra.
A Parigi fu rappresentata (Théâtre national de l’Opéra-Comique) il 16 gennaio dell’anno successivo.
Seguirono un numero impressionante di rappresentazioni in tutta Europa, facendo di Werther una delle opere di Massenet più amate (insieme alle quasi contemporanee Hérodiade, Manon e Thäis) ed una tra le più belle e romantiche del repertorio francese. Nel 1928 -proprio al Théâtre National de l'Opéra-Comique che l’aveva rifiutata all’inizio - ebbe luogo la millesima recita con il tenore e attore Giuseppe Lugo nel ruolo protagonista.
Il libretto di Blau e Millet, ovviamente, seguiva la trama del romanzo ma alcune modifiche apportate hanno avuto un impatto rilevante sulla drammaturgia dell’opera dove si evince, ad esempio, che
-il matrimonio di Charlotte e Albert non era nato per amore, ma per una promessa fatta dalla fanciulla alla madre morente: ciò determina un cambiamento della situazione affettiva di Charlotte che di fatto dichiara il proprio amore solo a Werther
-nella scena finale Charlotte riesce a raggiungere l’amato prima della sua morte e a dichiarargli i propri sentimenti
-ed infine, la presenza significativa del coro di voci bianche rende rilevante ‘il tema dell’infanzia e della nostalgia per l’innocenza perduta’, definendo un tratto caratteriale e cruciale del protagonista.
Bisogna risalire alla stagione ‘79/80 per trovare in un cartellone scaligero il capolavoro di Massenet (sul podio salì Georges Prêtre, in scena Alfredo Krauss e Nadine Denize).
Ci sono voluti 44 anni perché il dramma lirico che Massenet scrisse nel 1887 tornasse al Piermarini.
La nuova produzione della Scala (in coproduzione con il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi) ha debuttato il 10 giugno scorso. Grande il successo di pubblico e critica.
Non poteva essere altrimenti, dato che ha rappresentato contemporaneamente l’occasione per il debutto di un direttore e un regista tra i più in vista dell’attuale scena europea.
Sto parlando di Alain Altinoglu (direttore musicale della ‘Monnaie’ di Bruxelles, e dell’Orchestra della Radio di Francoforte, regolarmente invitato da orchestre prestigiose come i Wiener e i Berliner Philharmoniker) e di Christof Loy del quale i maggiori teatri e festival internazionali lodano e apprezzano l’intelligenza, il gusto e l’intuito teatrale.
Christof Loy ha impostato lo spazio scenico con elegante semplicità: una parete bianca isola i personaggi al proscenio mentre attraverso una porta si scorgono riti e quotidianità di una vita sociale dalla quale sono esclusi. L’attenzione è concentrata sulla recitazione dei protagonisti e sulle tensioni psicologiche e affettive che si creano tra di loro (le scene sono firmate da Johannes Leiacker e i costumi di Robby Duiveman).
Quasi obbligata la scelta di Benjamin Bernheim come protagonista: il tenore francese -che ha incantato il mondo per la sua sensibilità ed eleganza-è arrivato preceduto dalla sua fama ed è stato applaudito e acclamato da tutto il pubblico.
Ha debuttato con onore al suo fianco nel ruolo di Charlotte Victoria Karkacheva, la giovane vincitrice di Operalia 2021 (il concorso ideato da Placido Domingo per lanciare i giovani cantanti).
Fanno parte del cast l’elegante baritono Jean Sébastien Bou (apprezzato interprete di mélodies francesi) nel ruolo di Albert (il marito di Charlotte) e Francesca Pia Vitale (diplomata nel 2022 all’Accademia del Teatro alla Scala) in quello di Sophie (la sorella).
La performance in live streaming sarà proiettata in diretta il 27 giugno p.v. su LaScalaTv. Il video resterà disponibile on demand fino al 4 luglio 2024.
Dimenticavo: un’ora prima dell’inizio della recita, come di consueto, si è tenuta presso il Ridotto dei Palchi “A. Toscanini”, la conferenza introduttiva all’opera a cura di Raffaele Mellace, ordinario di Musicologia e Storia della musica presso l'Università di Genova. Particolarmente preziosa.
Paola Cecchini
Immagine: Teatro alla Scala (PH Brescia e Almisano)