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Rotary Club Caserta Luigi Vanvitelli e LIDU, presentazione al pubblico del libro “Pascià, il clan dei casalesi è nato in una discoteca”

(19/06/2018)

pacoià rotaryL’uscita nelle librerie del libro “Pascià, il clan dei casalesi è nato in una discoteca” del giornalista Salvatore Minieri è coincisa con la sua presentazione al pubblico, presso la Sala Carlo III dell’Hotel dei Cavalieri a Caserta, nel corso di un evento promosso in esclusiva dal Rotary Club Luigi Vanvitelli e dall’intera famiglia rotariana, in collaborazione con la Lidu ed il Panathlon, alla presenza del Sostituto Procuratore della DDA di Napoli Maurizio Giordano.

L’evento che si è svolto venerdì 15 giugno, magistralmente moderato dal giornalista, socio del sodalizio rotariano, Emilio Di Ciocccio, ha avuto un grande successo di pubblico. Ad introdurre l’incontro, il presidente del Rotary Luigi Vanvitelli Marco Petrucci  che ringraziando i presenti, i relatori e gli organizzatori, si è detto molto soddisfatto dell’affluenza al service, l’ultimo del suo anno rotariano,  a  dimostrazione che  lo spirito di squadra vince sempre quando si tratta di temi attuali. «Un social service – ha poi aggiunto la presidente provinciale della Lide Adele Vairo - su tematiche fondamentali per noi ed i nostri figli e la presenza di tanti giovani in platea testimonia l’importanza dell’argomento per l’uscita del libro come testimonianza dell’impegno civile della Lega». Carlo Iacone, portando i saluti del Presidente Nazionale della Lidu Alfredo Arpaia, ha anche annunciato che la Lega, attraverso il suo Comitato centrale di Caserta, si impegnerà molto su queste problematiche. Sono seguiti i saluti istituzionali di Maria Rosaria Pizzo dell’Innerwheel, della neo presidente del Rotaract Lorenza Parente e di Verusca Vitale in rappresentanza del Panathlon Fracta Mayor Atellana, e si è entrati nel vivo della presentazione con gli interventi dell’autore del libro Minieri e del giudice Giordano. Il libro inchiesta Pascià è una edizione riadattata di un precedente volume uscito tre anni fa al quale mancavano dei tasselli molto importanti: documenti scottanti dei quali l’autore è venuto in possesso poco tempo fa e che ha inserito quasi integralmente. In sintesi nel libro si parla di Formia, “buen retiro dei Bardellino” nonchè lavatrice di tutte le mafie, e dell’unica Banca del clan dei casalesi: la Banca Popolare del Golfo di Gaeta che, a detta dello stesso autore, nel 1980 prestava senza garanzie in una sola mattina 14 miliardi: soldi del narcotraffico di Pablo Escobar che aveva contatti diretti con Alberto Beneduce, detto Alberto a cocaina, che era nel cda della stessa banca. Verità scorcentanti che i tanti presenti in sala non conoscevano, ma ben risapute invece dal Giudice Maurizio Giordano che, confessando di aver “divorato” il libro, scritto in una prosa molto accattivante che rapisce il lettore, ha sottolineato come nel volume siano stati ricostruiti a 360 ° gli interessi del Clan dei Bardellino in diversi settori, tra cui quello commerciale con la costruzione della famosa discoteca Seven up, la più grande discoteca d’Europa durante gli anni ’80, con il laser più potente al mondo che si vedeva da Sessa Aurunca, fatta poi saltare in aria, uccidendo due persone. «Si è trattato di un attentato vero e proprio dal momento che - ha spiegato Minieri – è stato trovato olio di vasellina in tutte le stanze, anche se si è cercato sempre di derubricare l’atto come un incidente. Volevano fare una strage e fortunatamente non ci sono riusciti». Un locale le cui azioni, si legge nel libro, erano state intestate alla moglie di Celo Alonso, della quale si era innamorato anche Che Guevara. Il libro rivela anche il primo grande patto Stato Camorra, ricostruisce l’incontro tra l’allora primo ministro Bettino Craxi con il fratello del potente camorrista Antonio Bardellino e svela anche tanti altri segreti. Il Magistrato ha poi fatto una distinzione tra il Clan Bardellino, il cui potere è nato proprio con la costruzione della discoteca, e quello dei casalesi – quest’ultimo nato alla morte del boss dei boss Antonio Bardellino, il primo ad aderire a cosa nostra con un’organizzazione apicale che ha investito denaro nel traffico di droga facendo entrare tantissimi soldi anche a Caserta. «Il clan dei casalesi – ha chiosato il magistrato - ha vissuto la fase della violenza prima contro gli avversari, compiendo 150 omicidi e provocando un vero  e proprio far west a Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna, poi successivamente per imporsi sul territorio; il 2009 ha quindi segnato la fine ideale delle azioni di fuoco; ora si è nella terza fase in cui il clan ha smesso di sparare perché la risposta dello Stato è stata fortissima ed il gruppo camorrista è stato decimato. Il clan ha cominicato a fare studiare le leve, anche all’estero, e ora investe in attività con finanziamenti che provengono da diversi settori. Da fenomeno criminale di fuoco, si è trasformato in fenomeno criminale strutturale». Dal Sostituto Procuratore della Dda in conclusione è giunto un monito: il clan è vivo ed è molto insidioso per la sua capacità di inserirsi in ogni attività, quindi non bisogna mai abbassare la guardia.  






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