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Il Regno di Napoli verso il 1799 nel romanzo storico della giornalista partenopea Anita Curci

(12/05/2021)

Luglio 1789: cade la Bastiglia. Da Parigi si irradiano le idee rivoluzionarie che fanno tremare le corti europee. Un mese prima, nel Regno di Napoli, a San Leucio, nella civile colonia industriale creata per lavorare sete pregiate, debutta l’opera di Giovanni Paisiello Nina o sia la pazza per amore. Questo intenso romanzo di Anita Curci (pagg 336, Kairós edizioni) ne prende in prestito il titolo per evocare la temperie sociale, politica e culturale del tempo. Fatti veri e di fantasia si intrecciano per seguire la marchesina di un casato decaduto, Antonina Scarca (Nina), povera, costretta a fingersi uomo per sopravvivere e tentare di riportare a miglior sorte il feudo di famiglia. Sua unica speranza, in un Meridione che ancora si aggrappa a un feudalesimo antiquato e ormai privo di risorse. Qui Nina, dopo aver lasciato il clima irrespirabile di una città in pericoloso fermento, si accorge di cosa è davvero fatta la vita dei contadini e di chi non ha avuto la fortuna, la forza e la possibilità di trasferirsi in città. Qui si accorge quanto il sistema fondato sul potere dei feudatari sia iniquo e perverso.

Già spadaccina, perché suo padre voleva un figlio maschio e come tale la alleva, e cavallerizza impareggiabile, perfeziona l’uso del moschetto. Con una personalità indomita, coraggiosa, e al tempo stesso fragile, si immerge senza rendersene conto nei destini di un tempo che procede a passi spediti verso le sciagure del sanguinoso e sfortunato ’99 napoletano.

Nina Scarca, assieme ai personaggi che le ruotano intorno, incarna lo spirito di un’epoca complessa al tramonto del XVIII secolo e rappresenta in pieno l’entusiasmo e la disfatta delle menti eccelse che credettero ciecamente nell’ideale rivoluzionario e repubblicano nel Regno.

Dalla postfazione di Silvana Campese:

Lavoro poderoso, colto, scritto con cura e perizia. Appartiene a un genere letterario che bisogna amare per poterne veramente apprezzare tutti i preziosi e labirintici meandri.  Uno per tutti il tipo di descrizioni in cui spesso si dilunga l’autrice: della Napoli del ʼ700 avanzato, di ambienti e contesti, esterni e interni, di abitudini e comportamenti diversificati in modo anche stridente tra classi sociali.

La storia si svolge dapprima a Napoli e poi in un feudo ai confini del regno di Ferdinando di Borbone, arricchendo il patrimonio di dati e nozioni anche sulla questione feudale e sulle condizioni sociali e umane dei borghi rurali.

Qui la protagonista ricorre a un espediente di antica memoria: decide, in un contesto fortemente maschilista, di farsi credere uomo.

Il padre voleva un maschio e la educa come se lo fosse. Ciò contribuisce non poco nella formazione della bambina e dell’adolescente, e la orienta verso scelte estreme e coraggiose, audaci sfide in momenti, contesti storici e ambientali ben lontani da quelli in seguito evolutisi con le lotte di emancipazione e di liberazione delle donne e delle femministe.

Uno stralcio del romanzo:

E la primavera tornò, portando con sé profumi di fiori e vento caldo. Nina, non potendo più sopportare l’ozio al quale era costretta, e non essendosi sbloccata la loro situazione finanziaria, si convinse a partire per la fine di marzo. Era il momento migliore per affrontare quel viaggio tanto atteso verso le colline di Roccagioiosa e lasciare il clima irrespirabile di una città in pericoloso fermento. Eppure, il peggio doveva arrivare mesi più tardi quando, la notizia della decapitazione di Maria Antonietta, il 16 ottobre del 1793, avrebbe portato sconforto immenso alla regina di Napoli, accrescendo lo scompiglio generale, il disordine, la pazzia. Sarebbero finiti nelle carceri della città, di Castellammare, di Lampedusa e delle isole Tremiti i sospettati simpatizzanti delle idee giacobine. E poi, per il lutto della corte, sarebbe stata vietata ogni festa pubblica o privata. Nel reame spirava davvero una brutta aria. Già da febbraio non si viveva più sereni. Napoli era ormai cambiata per sempre. E Nina non vedeva l’ora di andarsene. L’unica risorsa restava il feudo ai confini del regno. A costo di lavorare sodo con le proprie mani, era necessario riafferrare le redini della tenuta.

 

ANITA CURCI

Classe 1974. Giornalista napoletana, editor, promotrice di eventi culturali, addetto stampa. Direttrice del bimestrale Proscenio e dei web magazine Teatrocult e Corriere Cultura. Responsabile della linea editoriale Serie Oro. Autrice del racconto storico Non mi vendo – Storia di una partigiana del Petraio, edizioni Apeiron; e del romanzo onirico (in via di pubblicazione)  L’Inverno di Ramona Adler, Phoenix Publishing.






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